Procedure sanzionatorie per i crediti inesistenti che derivano da infedele dichiarazione
Il credito inesistente derivante da operazioni che hanno
determinato l’irrogazione di sanzioni per infedele dichiarazione ed illegittima
detrazione - con recupero del relativo importo – non possono dar luogo ad
ulteriori sanzioni in caso di successivo utilizzo del credito in compensazione;
a precisarlo è l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 36/E dell’8 maggio
2018.
La fattispecie è appunto relativa alla compensazione di
crediti inesistenti che nascono in seguito ad operazioni già oggetto di
contestazione per infedeltà e per le quali il contribuente istante si chiedeva
se questa situazione fosse ulteriormente contestabile da parte dell’Agenzia
delle Entrate.
L’AE precisa preliminarmente l’evoluzione legislativa e in
particolare che con il decreto
legislativo 24 settembre 2015, n. 158, di riforma del sistema sanzionatorio
amministrativo, è stata introdotta, all’articolo 13 del decreto legislativo n.
471 del 1997, una definizione normativa di credito inesistente - da cui, a
contrario, far derivare la definizione di credito non spettante - e uno
specifico regime sanzionatorio nell’ambito della disposizione dedicata agli
omessi versamenti.
Quindi, attualmente si definisce inesistente il credito per
il quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui
violazione non è rinvenibile in sede di controlli automatizzati ex artt. 36bis
e 36ter del DPR 600/73 e ex art. 54 del DPR 633/72.
Il fatto che la norma fa riferimento, oltre che all’evento
generatore del credito, alla circostanza che l’uso del credito non possa essere
rintracciato con le normali operazioni automatiche di riscontro delle
dichiarazioni, è dovuta all’intenzione di evitare di sanzionare in modo più
punitivo una condotta meno lesiva degli interessi erariali. In sostanza, si
vuole colpire più severamente il comportamento fraudolento di chi si beneficia
di un credito che nasce da particolari artifici contabili e documentali,
artifici che possono essere messi in luce solo durante operazioni di verifica e
accertamento.
Riguardo alle modalità di recupero di detti crediti l’AE
precisa che la prassi non può essere altra che quella di notificare un apposito
atto di recupero.
Diverso è il caso, invece, in cui il credito viene esposto
in dichiarazione e successivamente utilizzato si dovrà contestare, negli
ordinari termini, la sanzione per infedele dichiarazione; sanzione che il D.Lgs
2015 numero 158 ha appesantito qualora emergano evidenze che siano state
utilizzate false fatture o altre condotte simulatorie o fraudolente; questa
sanzione assorbe sia quella per il mancato versamento che quella per l’indebita
compensazione.
L’AE conclude sostenendo che, viste le disposizioni vigenti,
non si debba procedere a sanzionare l’utilizzo del credito inesistente in
compensazione, qualora oltre ad avere effettuato il recupero delle somme sia
stata irrogata la sanzione per infedele dichiarazione ed illegittima detrazione.
Diversamente si finirebbe col punire la stessa violazione prima
con la sanzione per le fatture inesistenti o le altre condotte artificiose e
poi con la contestazione della non legittima compensazione. Fermo sempre il
recupero delle somme dovute.
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